EURIDICE

Se nell’estrema luce che dilegua
all’orizzonte indefinito dove
la quasi-notte insorge, se anche tu
dileguerai, non tornerà più il giorno:
saranno i giorni lapidi allineate.
Non guarderò più indietro
dove barlumi accenderà il ricordo
di passi lontananti, di parole
affievolite da distanze perse,
da estenuati richiami.
Illimitate,
caliginose sponde tra passato
e presente, dove il fiume
dell’esistenza s’impaluda,
sarò io da una riva e tu dall’altra,
tu ectoplasma di nebbia a salutarmi?
Lantaniche, ancora si ameranno
le nostra anime scisse dalle sorti
differenti dei morti?   A te la luce
a me tenebre, forse?
O forse nel perdono
di un Dio pietoso, anch’io potrò sottrarti
al destino dell’Ade  - tu pallida Euridice
ed io, senz’arpa, taciturno Orfeo -
e ricondurti
sul viatico azzurrato dei ritorni.

 

 

© Francesco Indini 2010