Coco Lafungia



 





Cera una fiata
e cera un piccinno la quale doveva essere un picca priso datosi che lui ci colpa se questa fiabba finisce brutta.
Ora e bene questo piccinno gli recalarono uno scatolo di sordatini di chiumbo che quello come li uscette ne acchiò uno che gli mancava un’anca e positivo era monco.
Volta ruzzola e gira, dopo che terminò di giocare pigliò il sordatino rueppo e lo mettette di parte e invece tutti l’altri seli stipò nello scatolo.
E già questa è una bruttissima cosa che la Utore è scritto, essendo che è fatto a capire che a quello piccinno non gli piacevano l’anticappiati che invece si doveva dispiacere e lo doveva trattare più meglio dell’altri.
Basta, il povero sordatino monco rimanette cornuto battuto e cacciato di casa e si arroccò a un pizzulo della banca dove che ci stavano tanti varrattoli e scicarelli se tra lo quale ci stava puramente una pupa di pezza la quale teneva una stella dargento puntata sobbra alla cinta e mi rappresentava una ballarina.
Mediatamente il zoppitello sene andiede di capo e sela cuscitò coll’occhi che pareva comesia che sela voleva mangiare.
Eddecco che dallo scatolo zompò fuori un pupazzo ammolla brutto una saetta, di quelli attipo rizzompillo, la quale era maggico e pernicioso, di cui gli dicette al sordatino: come ti hai permettuto di menare l’occhi alla zita mia? Che io mò e mò ti faccio una mascia e poi vedi quanti cazzanculi devi ricapitare!
Difatti manco lucescette che la serva di casa principiò a fare i servizzi e mentre che stava spolverizzando la banca vedette il povero sordatino senz’anca e lo iaticò della finestra senza dire neà e nebbà. E non vuoi che sulla tigna la capo malata piglia e si mette a chiovere accielo apierto?
Mediatamente, essendo che la strada era un picca a scenduta, si facetta la ioma che ne trascinò il sordatino più lambèro dove che stavano trequattro vagnonastri la quale lo pigliarono e lo metterono dentro a una barchetta di carta.
E navica e navica tutta una volta si trovò nel buio pestato dove che si sentiva un fiezzo d’imberda nemmeno i cani signore essendo che quella era la fugnatura. Propio quando che stava per morire spissiato, la fugnatura sbocciò ammare dove che, manco quello sbenturato stava pigliando un boccone daria che si acchiò passando un cefalo mbirdaluro che selo mangiò.
Maro ammè, dicette il sordatino, che ho ricapitato come a Pidocchio dentro alla ventre della balena che almeno quello stava più largo e io invece mi trovo immezzo all’anghizza per colpa di questo puerco di pesce che si mangia i fetescimenti di fugnatura! Ma le sue paripatetiche non finirono allì essendo che quel priso di pesce andiede a ricapitare alla togna di un pescatore che lo ingorciò e selo portò a casa che selo sculappiava. E non vuoi che quella era giusto giusto la casa dove che lo avevano iaticato della finestra?
Piglia e quel dissonesto di piccinno, come che mammisa sbentrò il pesce che gli levava l’entrame, vedette il sordatino e dicette: arreto acquì si trova questo trubbacanali! E così lo iaticò nel focalire sotto l’occhi della pupa di pezza che per lo schiattacore si menò pure lei nella croscia.
Basta, senza che vi faccio una capo di chiacchere, il sordatino essendo che era di chiumbo si squagliò e la pupa, essendo che era di pezza, si sbentò.
Al cramatina dentro al focalire trovarono un cuoretto di chiumbo e una stelletta dargento.

Osservanza: A me mi pare che non solamente a quel priso di piccinno non gli piacevano l’anticappiati, ma puramente alla Utore che senò non faceva finire la fiabba di questo barbaro modo. Che presempio, quando che il sordatino si ha trovato nel focalire, la caloria poteva squagliare un picca il chiumbo la quale, sculando gli avresse frabbicato l’anca che gli mancava. E tutti avrebbono vivuti felici e contenti.  

 

© Francesco Indini 2010